IL POPOLO DELLA LUCE

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La veglia pasquale ha un momento particolarmente suggestivo. Quando nella navata al buio si avanza la processione del popolo cristiano con le candele accese dietro la luce più forte del cero pasquale, simbolo di Cristo luce del mondo. Un momento altamente rappresentativo e quasi drammatico. Tutte le fiammelle del popolo cristiano sono una derivazione del fuoco del cero pasquale. Il popolo cristiano non ha altra luce che quella di Cristo, unicamente da lui esso mutua i pensieri, i giudizi, gli atteggiamenti. Appunto per questo si chiama popolo cristiano. Un popolo singolare, come singolare è il suo maestro, come singolare è il messaggio raccolto nel libro che il Signore gli ha lasciato. Una comunità diversa, un raggruppamento alternativo, un popolo differenziato. Ritorna alla mente l'immagine del popolo ebraico nella sua lunga marcia nel deserto verso la patria promessa: di notte un fascio di luce lo guidava lungo l'impervio sentiero. Il popolo di Dio. Fuori dalla colonna, la tenebra. La scena comunica immediatamente la sensazione della verità evangelica che Cristo è l'unica luce del mondo, che i battezzati sono i figli della luce, che la storia è una lotta drammatica fra la luce e le tenebre. La meditazione del miracolo del cieco nato è tipica della preparazione quaresimale: nell'antichità, il racconto era tema del secondo scrutinio con cui i catecumeni si preparavano alla notte del battesimo. A ricordare per sempre che l'uomo lasciato a se stesso è nella condizione di totale cecità, che solo dio lo può guarire, “perché da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato”. La notte di Pasqua è un'immersione in realtà troppo grandi. La nostra comunità cristiana a fatica tiene il passo.


Dobbiamo ancora fare i conti con confessioni stereotipate, con i peccati più usuali, trascinati penosamente dietro praticamente per tutta la vita, con la grossolanità dei pensieri e dei sentimenti. Una ricchezza per larga parte buttata al vento. Ma se sapessero i cristiani la grandezza della loro vocazione. Se conoscessero, come la samaritana, il dono di Dio. Se fossero coscienti delle loro responsabilità. La speranza però non vuol morire. Lentamente, senza che ce ne accorgiamo, la colonna dei cristiani aumenta di anno in anno. Ci sono intere comunità che vivono la veglia pasquale (la madre di tutte le veglie) come un avvenimento assolutamente straordinario. Chi scrive ricorderà per sempre la commozione e il tremito provati durante una veglia pasquale vissuta con la comunità anglicana di Londra. La liturgia pasquale non è soltanto una celebrazione. E' molto di più: è il bagno nella luce, è la riscoperta della vita, è la ricreazione, è la risurrezione. Il popolo dovrebbe uscirne rinnovato, con lo stesso entusiasmo dei cristiani di Gerusalemme il mattino della Pentecoste, con la volontà tesa a portare la salvezza a un popolo che giaceva ancora “nelle tenebre e nell'ombra della morte”. “Sentinella, quanto resta della notte?” Come è stato autorevolmente sottolineato, noi siamo di fronte a evidenti segni di una tragica decadenza morale. Quella che viviamo è autentica notte, la notte delle persone, la notte delle comunità. Perché non si avvera ancora l'antica profezia: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”? “Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà”. E sarà vera Pasqua.


Giordano Frosini

 

 

 

 

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